Federation Blog

Il notiziario "off game" di Star Trek Genesis. Qui parleremo di tutto ciò che riguarda Star Trek e il gioco in generale.
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Di ritorno a casa

12-05-2022

Per la rubrica "Che Ricordi Hai" dei 18 anni di Star Trek Genesis, Enrico ci racconta della vita di Liam Smith, integerrimo ufficiale della Sicurezza a bordo della USS Genesis. Ti ricordi di lui e della sua indecifrabile ironia? O ricordi meglio la meticolosità del suo equipaggiamento in ogni condizione? Condividi la tua esperienza!

Se anche tu vuoi scrivere un articolo sulla tua esperienza su Genesis, manda un email con il testo a staff@starkgenesis.it




La pallida luce artificiale si riflette sulle pozzanghere, increspate dall’incessante pioggia, che vanno gonfiandosi fra le crepe dell’asfalto della piccola installazione della Flotta Stellare. 3 bandiere, pendono, zuppe, sopra l’ingresso della stazioncina del teletrasporto, incollate a se stesse e private del loro colore dal nuvoloso cielo notturno. Lo stanco sbuffo della porta, seguito dal rumore di stivali militari sul suolo bagnato, segna l’uscita di un uomo dal piccolo edificio. Gocce d’acqua scivolano dalla visiera del cappello dell’uniforme formale, ed i gradi argentati da tenente junior grade risplendono quando i passi affrettati dell’ufficiale lo portano sotto uno dei lampioni.

“Mi sei mancata anche tu” mormora, fra se e se, la dolce cadenza irlandese scalfitta da uno stanco sarcasmo. Al peso di regolamenti e responsabilità che impregnava la divisa in California, ora sembra aggiungersi quello freddo e penetrante del clima dell’isola di smeraldo. L’unico riparo in vista: una levicar solitaria nel mezzo del parcheggio. L’aprirsi ed il chiudersi della portiera trasformano la speranza di trovare un rifugio caldo ed accogliente nella realtà di un interno umido, irrigidito dal freddo. “Computer, accendi motore e sistemi ambientali” enuncia Smith, alzando leggermente il tono per sovrastare l’incessante bussare della pioggia. Un beep elettronico accompagna l’accensione della console di guida, ed il ronzio del motore si mischia al sospiro dell’irlandese che, abbandonato il cappello sul sedile del passeggero, chiude gli occhi, sprofondando nello schienale.
Home”.

I fari della levicar illuminano la campagna irlandese, ma i pensieri dell’investigatore sono ad anni luce di distanza. Sono da qualche parte, nello spazio federale, o, che diamine, magari extrafederale, sulla nave più importante della Flotta. Non perché sia l’ammiraglia, e neanche perché sarà probabilmente impegnata in qualche missione vitale per la sicurezza della Federazione. Ma perché c’è Valerie. E ogni videomessaggio in fondo è un regalo, e potrebbe essere l’ultimo, per settimane… o per sempre. E non è mai facile quando, dopo una lunga pausa, il seclar si inserisce, ingombrante, fra lui e quello che l’altra sua metà ha dovuto affrontare.

Non che sia impossibile da immaginare, per il detective. Ha servito anche lui sulla USS Genesis, fino a un anno fa, o poco più. Servizio a terra per l’ultimo anno e mezzo. Passato a rincorrere marinai insubordinati, barcamenarsi nella politica del comando di flotta, e seguire casi che nove volte su dieci hanno come unico elemento criminale la pedanteria di ufficiali che non sembrano aver mai messo piede su un’unità esplorativa della flotta. Non sono mai stati rapiti da un misterioso parco divertimenti a tema western, non hanno mai affrontato un abbordaggio Klingon in prima linea.

O supervisionato le indagini sulla morte di una cara amica. Da quella sera di luglio sembrano essere passate non una, ma diverse vite. Stacie che piomba in alloggio e a malapena riesce a dirlo, fra un singhiozzo e l’altro “Asuna è morta”. Asuna. Si è congedata da tutti noi quasi tre anni fa, conservo ancora il piccolo portafortuna che mi ha regalato. Da qualche parte, in un cassetto. Diversi, visi, voci, oramai sparsi chissà dove, nella galassia. Come Von Desslok, tenente, probabilmente. Spia, sicuramente, ma anche mentore, la mia prima caposezione, e anche forse una cupido, quando mi ha assegnato Valerie come tirocinante, quando ero ancora un guardiamarina fresco di promozione.
E poi serate a Risa, paure, insicurezze, canzoni confidenziali. “Computer, fammi sentire It Happened in Monterey”. E il ristorante di Ed, il nostro primo appuntamento, e poi il matrimonio. Vari traguardi, fra un rischio e l’altro. Fra una missione sotto copertura nell’Impero Klingon e il far da cavia ad una scienziata che vuole viaggiare nel tempo. Quando io e lei abbiamo salvato quel tizio, Letamori, mettendo K.O. tre guardie in un’azione coordinata perfettamente, o quando abbiamo passeggiato a Washington nel 1968. O quando mi sono inginocchiato davanti a lei, nella neve della Piazza Rossa.

Riunioni passate a dibattere i diritti delle muffe, e se mi avessero dato retta poi non avrei dovuto negoziare con un super computer ambientalista i termini del nostro rilascio. Buffo pensare che, se mi imbarcassi ora, sulla Genesis, non troverei più nessuno dei luoghi che hanno scandito…
Destinazione raggiunta.
Quando Smith riapre gli occhi si trova di nuovo nella sua fida levicar, parcheggiata giusto adiacente a Phoenix Park, di fronte alla casa del detective. Un lampo sembra tracciare le vene del cielo di Dublino, ed il tuono che lo segue poco dopo maschera il rumore della porta dell’abitazione.
Cos’è questo profumino?
Papà! Io e Tia abbiamo fatto i Boxti!” “Stavolta ne ha bruciato uno Aby!” “Non è vero…
E la porta si chiude: il ticchettio della pioggia rimane l’unico a percorrere la strada deserta.

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